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I nuovi attori dello Sports Venue Design

Riflessione in 5 atti sul case-study del calcio italiano

Lo Sport venue design è un argomento a cui oggi è necessario riservare un approccio a dir poco multidisciplinare. Quando ci si occupa della progettazione di impianti sportivi, infatti, si travalicano i confini tra diversi ambiti, spaziando dalla sociologia urbana fino al concetto di equilibrio economico – finanziario. In cinque atti, ecco dunque una riflessione sull’emblematico case-study del calcio italiano e sugli attori coinvolti nel processo di patrimonializzazione delle società professionistiche.

Incipit. Dal tifo passionale all’entertainment industry

«Noi non supereremo mai questa fase!». Così affermava il protagonista di “Febbre a 90°”, film cult di 25 anni fa interpretato da un giovane Colin Firth nei panni di uno sfegatato tifoso dell’Arsenal.  Era la stagione 1989-90 e a trionfare furono i Gunners, grazie ad un gol realizzato all’ultimo minuto dell’ultima giornata di campionato.
Eppure, purtroppo o per fortuna, quella fase è stata ampiamente superata.

Al giorno d’oggi, il calcio non è più uno sport come tanti altri caratterizzato da tifo passionale e sciarpe colorate ma è diventato, a tutti gli effetti, una entertainment industry fatta di bilanci, ricavi, plusvalenze e patrimonializzazione. Ai cori da stadio si sono affiancati, così, acronimi ed indici economici come bonds, ROI e Payback Period senza tuttavia dimenticare l’appartenenza col territorio e il legame con la propria storia.

Concetti, questi ultimi, ancora oggi fondamentali e da tenere in assoluta considerazione durante lo sviluppo di complessi progetti multifunzionali che caratterizzeranno gli impianti del presente e del futuro, i quali ospiteranno infrastrutture per l’allenamento e la gara, uffici, verde attrezzato e spazi pubblici, nel pieno rispetto dei vari livelli di sicurezza e security da dover garantire e con l’obiettivo di massimizzare l’esperienza degli utenti. Nonostante le suddette considerazioni, i principali protagonisti di questi impianti rimangono i soliti di sempre: l’atleta (o meglio l’attore protagonista della performance) e il tifoso (lo spettatore o, anche, il customer).
Come si inseriscono in questo complesso meccanismo i progettisti del settore sport venue design?
Cerchiamo di affrontare la questione in 5 atti, proprio come accade nel teatro giapponese Kabuki.

«I progettisti dello Sports Venue Design sono il collante che unisce le molteplici sfaccettature di un mondo complesso com’è, oggi, quello del calcio in un’ottica di sviluppo progettuale basato sul mixed-use».

Atto I. La genesi che muove l’industria dello Sport Venue Design

In questo contesto, a dir poco sfaccettato, si inseriscono i nuovi crismi dello Sport Venue Design il quale, nel caso del calcio italiano, sta iniziando ad essere coinvolto proprio sotto l’egida di uno dei concetti sopracitati: quello della patrimonializzazione.
I costi per le società professionistiche sono lievitati drasticamente negli ultimi 30 anni, da qui la necessità da parte loro di dotarsi di nuove infrastrutture che comportino:

  • tagli sui costi: minimizzazione di voci “a perdere” come affitti di sedi societarie, di campi d’allenamento e stadi, quest’ultimi il più delle volte comunali e quindi non direttamente potenziabili/migliorabili;
  • la “centralizzazione” delle proprie operazioni, con conseguente ottimizzazione dell’organizzazione societaria e conseguenti risparmi anche sulla logistica;
  • la generazione di nuove fonti di ricavi;
  • la creazione di nuove voci “fixed assets” all’interno del proprio bilancio.

Concetti questi, all’estero, già chiari da metà anni ‘90 e che a tutt’oggi fanno i conti con il grave ritardo infrastrutturale italiano.
Eppure, qualcosa inizia a muoversi.

Atto II. I giocatori in campo

La disamina delle varie figure coinvolte in questo processo non può che partire dal regista e dagli attori principali, ovvero le società e (soprattutto) i propri tesserati, le prime con i loro obiettivi funzionali ed economico-finanziari (spesso a medio/lungo termine) mentre i secondi con le loro esigenze sportive e personali (a breve/medio termine, considerando la durata media della carriera di un professionista). Insieme a loro sono coinvolte diverse dinamiche, le quali mutano in base alla categoria d’appartenenza della società e alla tipologia d’atleta (professionista, dilettante, giovane, adulto) coinvolto. In mezzo a questi due poli ci sono poi i concetti di hospitality, di privacy (con diversi livelli da dover riservare in base all’utente finale della singola area/zona) ed il rapporto con gli stakeholders esterni come fornitori, stampa e logistica. Accanto a questi interpreti, inoltre, si affiancano i relativi “impresari”, ovvero le proprietà ed i fondi d’investimento o di credito, chiamate a finanziare le suddette operazioni di patrimonializzazione e alle quali interessano relativamente i concetti di design, legacy o tifo mantenendosi più concentrate su quelli di ROI o Payback Period.Sullo sfondo, a curare le scenografie, ci sono gli Enti e le Leghe Professionistiche / Dilettantistiche che normano requisiti e regole d’ingaggio. Ci sono poi le Pubbliche Amministrazioni, che almeno inizialmente hanno potere di vita o di morte su qualsiasi proposta di patrimonializzazione: a loro è affidata la verifica della corretta applicazione dell’apparato normativo vigente, l’emissione di eventuali titoli abilitativi o la stipula di convenzioni nel caso di concessioni pluriennali al privato di infrastrutture pubbliche.In platea rimangono i tifosi, sempre più “clienti” di un prodotto di intrattenimento (sia dal vivo che televisivo) ma comunque assoluti protagonisti dell’evento al pari degli atleti. A loro, infatti, sono affidati gli andamenti delle voci di bilancio legate a ricavi da “botteghino”, merchandising, diritti tv e ristorazione.

Atto III. Le strutture di “centralizzazione”: i nuovi centri sportivi

Il primo gruppo di strutture “tipologia” da prendere in considerazione è sicuramente quella che caratterizza i centri sportivi di nuova generazione.
Questi organismi nascono dalla volontà dei Club di “centralizzare” le proprie operazioni, la relativa logistica e di tagliare i costi potendo ospitare diverse funzioni al loro interno come, ad esempio:

  • campi e relative strutture per l’allenamento come spogliatoi, palestre, sale mediche e fisioterapiche, uffici dedicati allo staff tecnico e logistico;
  • spazi dedicati alla logistica come magazzini, lavanderie e depositi;
  • uffici, sale meeting e video per l’amministrazione (Club Board) e la direzione sportiva (Football Management);
  • spazi per la produzione di pasti e lo stoccaggio di vivande;
  • svariati spazi esterni ed aree a parcheggio;
  • campi omologabili per i campionati Semipro o Pro dotati di tribune e servizi dedicati a partite ufficiali.

Questo approccio, naturalmente, può essere moltiplicato per 1, 2 o 3 a seconda delle esigenze del Club di ospitare all’interno della nuova struttura la prima squadra maschile e/o il settore giovanile (maschile e/o femminile) e/o la prima squadra femminile con conseguente sovrapposizione di flussi e necessità di “settorializzare” le strutture a loro dedicate. A proposito, il calcio femminile è in rapida ascesa e con sé sta portando nuove necessità e possibilità, sia a livello sportivo che di immagine per le società professionistiche.
Seguiamolo con attenzione, tifosi e progettisti del settore.

Atto IV. Le arene e la fan experience

Il secondo grande gruppo, nonché da molti reputato il principale, di strutture inerenti allo Sport Design è rappresentato da stadi ed arene, moderni “teatri” dello sport contemporaneo dove atleti ed utenti massimizzano la loro esperienza.
È questo il maggiore “contenitore” a livello architettonico e funzionale, il quale dev’essere in grado di unire sport ed entertainment all’interno di un contesto dove marketing e pubblicità affiancano sempre più pesantemente l’evento sportivo. Seguendo questa logica, al giorno d’oggi il tifoso non deve recarsi allo stadio solamente un’ora prima dell’eventuale partita ma deve essere attratto da attività commerciali e di ristorazione che ne massimizzino l’esperienza molto prima dell’inizio dell’evento e, se possibile, anche durante la settimana a pieno vantaggio delle casse della società proprietaria o concessionaria dell’impianto.
Anche qui, conoscenza delle normative (criteri nazionali, europei ed internazionali) e capacità di gestione dei diversi flussi la fanno da padroni quando il progettista viene chiamato a ideare e/o modificare un layout funzionale che, in linea di massima, coinvolge molto spesso:

  • atleti, staff ed addetti della squadra ospitante;
  • atleti, staff ed addetti della squadra ospite;
  • addetti stampa, TV, social e relativa logistica;
  • spettatori della squadra ospitante;
  • spettatori ospiti e aree drop-off a loro dedicate;
  • aree di prefiltraggio e di massima sicurezza;
  • viabilità per la logistica interna da separare il più possibile dai flussi pedonali
  • collocazione di attività commerciali, di ristorazione e intrattenimento in grado di rimanere aperte 7 giorni su 7 e rendere la struttura versatile e “viva” tutti i giorni della settimana.

Sono proprio questi aspetti e la sinergia che si viene a creare fra di loro che, spesso e volentieri, determina quella famosa sostenibilità economico-finanziaria che può convincere o meno un investitore/finanziatore ad affiancare la Società proponente e partecipare a un’iniziativa di nuova costruzione o ristrutturazione.

Atto V. I progettisti dello sport venue design

E i progettisti? Pensavate ce li fossimo scordati eh!?
Invece no: essi rappresentano i “trait-d’union” di tutte queste operazioni, trasformandosi in veri e propri veicoli di implementazione di questo processo.
Al giorno d’oggi, il progettista che vuole far parte di questo settore deve avere competenze tecniche, conoscenza delle normative e avere esperienza “di campo” per cogliere le tantissime sfaccettature di un mondo, come quello sportivo (in questo caso calcistico), davvero ricco di sfumature e dinamiche differenti. Non deve mancare, inoltre, una spiccata sensibilità politica e commerciale sempre utile nella gestione del rapporto fra tutti gli attori precedentemente citati: il potenziale cliente (la Società/Club), gli Utenti (atleti e tifosi), le Pubbliche Amministrazioni e i possibili Finanziatori. Senza dimenticare, naturalmente, concetti chiave come la sostenibilità ambientale e l’attenzione al design che deve incorporare al meglio valori ed identità (corporate identity) della Società/Cliente.
Affidarsi ad un progettista strutturato (con risorse al suo interno diversificate a livello di formazione e competenze) che fa dell’approccio multidisciplinare integrato una delle proprie milestones è ormai diventata condizione sine-qua-non per essere in grado di affrontare in maniera vincente una complessità progettuale come quella caratterizzante lo Sports Venue Design moderno.
Insomma, non proprio facile come fare una ripetuta o un Test di Cooper.

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Fabrizio Talocci
Project Manager